LEAR E IL SUO MATTO

LEAR E IL SUO MATTO

Dramma per attore e burattini 

da William Shakespeare
con Luca Radaelli e Walter Broggini
traduzione e drammaturgia Luca Radaelli
testo e regia Luca Radaelli e Walter Broggini
figure e scene Walter Broggini
costumi figure Elide Bolognini e Graziella Bonaldo
musiche PAD trio (Profeta, Aliffi, D’Auria)
grafica Elena Scolari
coproduzione Teatro Invito/Compagnia Walter Broggini

Leggendo Shakespeare ci si imbatte in una realtà fatta di contrasti: l’alto e il basso, l’elevato e il volgare, il comico e il tragico.
Nella sua tragedia forse più cupa, Re Lear (scritta, tra l’altro, proprio a seguito di un’epidemia di peste che aveva chiuso i teatri londinesi per un anno), Shakespeare toglie allo spettatore ogni certezza, ogni punto fermo. Il re dialoga con il suo matto e non si capisce chi dei due è il matto. I figli apparentemente buoni sono cattivi e viceversa. Tutto è permeato di black humour.

Malgrado la famosa battuta “La maturità è tutto”, i personaggi reagiscono in modo infantile, sembrano quasi burattini nelle mani del destino: “Come mosche tra le mani di ragazzini crudeli noi siamo per gli dèi”.
Perciò abbiamo immaginato di ridurre la scena elisabettiana a una baracca di burattini: Re Lear è un attore in carne e ossa che ha a che fare con i suoi fantasmi scolpiti nel legno.

In Italia si tende a dare ai burattini l’etichetta di “teatro per bambini”, dimenticandosi l’origine rituale e demoniaca delle maschere (Arlecchino, Brighella) e l’aspetto inquietante di alcuni personaggi del teatro di figura (Punch, Guignol…).
Walter Broggini (burattinaio che ha girato tutta Europa col suo spettacolo di teatro di figura per adulti “Solo”) incontra Luca Radaelli (attore che già si è cimentato con “Macbeth Banquet” in un teatro scespiriano con oggetti) per dare vita a un Re Lear che trae linfa dal teatro popolare, dalla farsa, dal balletto indemoniato delle teste di legno.
Brighella si identifica con il cattivo, il bastardo Edmund, il lombardo Pirù si appropria delle caratteristiche del Fool e del fedele Kent per accompagnare Lear nel percorso che lo porterà solo con la follia a essere saggio, così come, parallelamente, il deuteragonista Gloucester solo con la cecità riuscirà a vedere.
In questa razza di mondo dove i ciechi guidano i matti.

VIDEO

RASSEGNA STAMPA

Burattini che piacevolmente riescono subito ad ambientarsi nell’allestimento, innestandosi in perfetta simbiosi tra tradizione e innovazione. Colmo di benefici azzardi, il tentativo di raccordare burattini e teatralità attorale ci pare davvero riuscito.
Mario Bianchi, eoloonline

Il risultato è una tragedia shakespeariana per burattini e attori in cui la complessità del testo viene domata dal dispositivo drammaturgico quasi favolistico. Non mancano la cura dei dettagli e quei leggeri inserti metateatrali in cui Brighella si lamenta di dover rappresentare proprio una tragedia shakespeariana invece delle solite farse. Ci dispiace per Brighella ma speriamo proprio di poter vedere altre avventure del Bardo tra i legni e i bauli di questo piccolo teatro.
Andrea Pocosgnich, TEC teatroecritica_cordelia

Uno spettacolo per bambini? No, uno spettacolo per tutti. Per i più piccoli l’occasione di conoscere e comprendere una delle più dolenti tragedie del Bardo grazie all’immediatezza e alla sintesi che il teatro di figura impone. Per gli adulti la dimostrazione (sempre meglio ribadirlo) che burattini e marionette non sono solo destinati ai bambini e hanno una potenza scenica formidabile, essendo spesso specchio del nostro inconscio, di quello che non vogliamo vedere o sentire.
Claudia Cannella, Hystrio

La struttura dello spettacolo è ben delineata, quasi aristotelica.
Addentrandosi nella spirale di follia di Re Lear, ben resa dalla recitazione mai ostentata di Radaelli, la parte ludica diventa soprannaturale, inquietante: i burattini inchiodano il folle sovrano in un confronto inarrestabile con la sua coscienza.
Giorgio Franchi, PAC PaneAcquaCulture

Si ride tanto e di gusto in “Lear e il suo matto”, ma le parole di Shakespeare colpiscono il cuore come frecce infallibili. Ilarità e commozione, alto e basso, dialetto e lingua aulica. Il re orfano di regno e di figlie riconosce nel povero e nudo Tom una figura del Cristo. “Ecce Homo: è tutto qui l’essere umano”.
Saul Stucchi, alibionline

Uno spettacolo di grande complessità il cui merito principale è aver saputo rendere con una straordinaria chiarezza formale, con tempi ben marcati i momenti chiave splendidamente realizzati.
Toni Rumbau, Titeresante (ES)

 

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